mercoledì 31 agosto 2011

Chi lo legge questo libro? Laura, gioie e speranze terrene

Una madre che non è nata in Italia ma che ci vive da tempo, che qui si è sposata e ha avuto una figlia, e che forse meglio di noi, con occhi più liberi e senza alcun pregiudizio, sa leggere limiti e risorse del nostro Paese.



Laura è nata a Firenze, sedici anni fa. Nell'ospedale in cui ho partorito, probabilmente, ogni cosa che potevano sbagliare l'hanno sbagliata. Inizialmente non furono sicuri della sindrome di Down, e il giorno della nascita non mi dissero niente. Era necessario aspettare il giorno successivo, per fare gli esami e per la presenza di un pediatra più esperto. E la mattina dopo, quando portarono tutti i bimbi alle madri per l'allattamento, la mia non arrivava. Cercavano di tranquillizzarmi con delle scuse, dicendo che andava tutto bene. Andai a vederla nella nursery e la vidi tranquilla, del resto non aveva problemi particolari. Solo che a un certo punto vidi spuntare mio marito, alle sette di mattina, e proprio non capivo cosa ci facesse lì, e allora mi insospettii. Insomma i medici lo avevano convocato, la mattina prestissimo, senza anticipargli niente, così come ancora non avevano detto niente a me.

Ci riunimmo tutti assieme e a quel punto ce lo dissero. Sinceramente di quei precisi momenti non ricordo niente, buio totale. Ricordo solo che facevano riferimento alla Germania, visto che io sono tedesca, per dirci che là sono molto più organizzati. Era chiaro dove volessero arrivare, anche se non aveva senso, visto che eravamo in Italia e vivevamo a Firenze ormai da molto tempo.

Inizialmente non volevano neanche farmi provare ad allattarla, perché resiste questa convinzione per cui i nostri bambini non riescano a tirare il latte da soli. Mi dissero di non preoccuparmi, che glielo avremmo dato con il biberon. Nei giorni successivi la mia cognata mi convinse a provare, e così feci, insistendo con i medici perché mi lasciassero fare perlomeno un tentativo con la mia bambina. Rimasero tutti allibiti. Credo che Laura abbia preso il triplo del latte che riesce a prendere mediamente un bimbo "normale". E' stata quindi allattata come tutti gli altri bambini, e la speranza è che la cosa sia servita, per le future esperiienze di maternità, in quell'ospedale.

Un'altra cosa che ci fece rimanere molto male furono le parole dell'ostetrica, che tra l'altro era una professionista d'esperienza. Nel tentativo di rincuorarmi, forse, mi disse di non preoccuparmi, che avrei potuto fare presto un altro bambino, del resto i bimbi Down apprezzano molto i fratellini. Come se questo potesse essermi di conforto, mentre in quei giorni a tutto pensavo fuorché ad avere un altro figlio. La mia bambina era Laura, era lì. Ecco, di quei giorni ricordo soprattutto queste cose qui. Perché poi per fortuna con Laura tutto è andato bene, a partire dall'inserimento all'asilo nido, la scuola materna, sempre coccolata, fino ad adesso che va alle superiori. Si è sempre integrata benissimo e ha sempre incontrato persone fantastiche, sinceramente non posso lamentarmi. E poi un secondo figlio lo abbiamo comunque voluto, ma quando lei era più grande, già inserita, quando di certo era stata seguita meglio, e sono sicura che sia stato più positivo così. Ma sono quelle frasi lì, quelle sentenze in apparenza leggere, magari dette in buonafede, che però nel profondo feriscono.

Ne ricordo un'altra, di quando Laura aveva circa tre mesi e sentivamo il bisogno di conoscere altri genitori che vivevano la nostra stessa esperienza. Incontrammo una famiglia con un bambino Down, persone molto gentili e accoglienti, deliziose, e ricordo che dissero che la nascita della mia bambina, così com'era, era una "benedizione di Dio". Sinceramente fu una considerazione difficile da capire e apprezzare, per me, con in braccio la piccoletta per cui ancora non potevo sapere come sarebbe stata la vita, in futuro, così come non potevo immaginare come sarebbe stata la nostra.
Chiesi se esistessero gruppi di genitori con figli piccoli, che magari ogni tanto si ritrovassero per scambiarsi informazioni, esperienze, consigli, ma purtroppo mi dissero che non c'era niente del genere. Ma erano queste le cose di cui sentivamo il bisogno. Cose vere, pratiche, utili alla vita di tutti i giorni, non benedizioni. Ricordo che non fui molto felice di quell'incontro, sarei stata molto più contenta di conoscere famiglie, anche con figli di età diverse, che potessero confrontarsi e capire che in fin dei conti non tutti i bimbi sono uguali ma che un giorno possono comunque diventare amici, condividere delle cose, o anche solo prendere un autobus da soli e andare a mangiare una pizza insieme.

La mia ginecologa mi dette il numero di telefono dell'Associazione, ma a quei tempi non c'era praticamente niente, solo una segreteria telefonica. Dopo un po' mi scoraggiai e non chiamai più. Per puro caso la mia ostetrica aveva seguito da poco un'altra mamma abbastanza giovane che aveva avuto un bambino con sindrome di Down, così mi dette il suo numero e ci mettemmo in contatto. Eravamo tutte e due inesperte, suo figlio aveva sei mesi più della mia, però fu utile per un confronto, per dei consigli. E comunque il Meyer c'era, la consulenza genetica c'era, chi ti informava per una cose e chi per un'altra: si procedeva un po' per sentito dire, ecco, mancava un riferimento come è l'Associazione adesso, che può seguire il bambino e la famiglia nelle varie fasi della crescita. E anche per tutte le prassi burocratiche, le cose che uno ha bisogno di chiedere. Non c'era niente. Si andava, appunto, un po' a "sentito dire". Ed era possibile per persone come noi, magari, che facilmente possiamo muoverci, che possiamo leggere e informarci da soli, ma immagino le difficoltà di chi invece non ha certe possibilità. Prendiamo l'esempio della logopedia, che Laura ha cominciato prestissimo soltanto perché noi avevamo letto, sapevamo dell'utilità, e allora ho insistito e siamo riusciti, fin da quando aveva un anno e mezzo, a iniziare anche un piano di psicomotricità, cose non affatto scontate in quel periodo.

Ci siamo poi riavvicinati all'Associazione, Laura ha fatto qui il corso di autonomia e si è subito integrata benissimo, ha trovato nuovi amici e questo è molto importante, specie dopo le scuole medie quando il gruppo della classe appunto si divide, e certe amicizie si disperdono un po'. E' sempre stata una mia convinzione quella di cercare altre famiglie che avessero figli con lo stesso problema, mentre ho notato che qui non si fa molto, perché se il bambino sta bene e tutto procede regolarmente è difficile che ci si preoccupi di fare nuove amicizie. Mi sembra invece molto importante per quando i bimbi cresceranno, se avranno un loro giro, un loro gruppo.

In merito invece a quel discorso per cui in Germania avrebbero dovuto essere più organizzati per affrontare certe problematiche, ho scoperto che questa non è una verità assoluta. Anzi, che per certi versi, come altre persone mi hanno detto, è una fortuna che Laura sia cresciuta in Italia.
In Germania sono all'avanguardia per moltissime cose, specie per le strutture, gli ospedali pediatrici sono molto belli e organizzati, e così i servizi alla persona. Per quanto riguarda l'integrazione scolastica è invece l'Italia a essere all'avanguardia. Tuttora in Germania non tutti i bambini disabili possono "automaticamente" frequentare qualsiasi scuola, e questo vale a partire dall'asilo nido. Ci sono delle scuole apposite, specifiche, o delle classi integrative, e non sempre si trovano dietro l'angolo. I genitori ancora si battono per avere un modello d'integrazione come il nostro. Addirittura ci sono delle regioni in cui l'integrazione è più sviluppata rispetto ad altre. Per esempio in Bavaria, una regione più cattolica, l'integrazione è meno avanzata e ci sono famiglie che si sono dovute trasferire, hanno dovuto cambiare casa e lavoro per avvicinarsi a una scuola che poteva "ospitare" il loro bambino.
Riconosco che per noi è andata benissimo così perché Laura si è sempre integrata bene, magari famiglie in altre situazioni si troverebbero meglio se affidate a strutture specifiche, in cui i ragazzi sono seguiti più assiduamente. Ma è indubbio che sul fronte dell'integrazione, per quello che poi i bambini dovranno affrontare fuori dalle mura del complesso scolastico, il modello italiano funziona meglio.










Laura adesso ha terminato il suo percorso di autonomia, ha nuovi amici, ha superato la timidezza che molte volte la caratterizzava, è serena e si accinge ad affrontare altri traguardi.
Ricordo che la mamma di Laura accolse con molta esitazione la richiesta di raccontarsi, quasi per una sorta di pudore ad esprimere ciò che lei, in quel momento, pensava riguardo alle esperienze vissute e alla sua concezione "terrena" delle speranze per il futuro di sua figlia. Credo invece che questa testimonianza, sia proprio quella che ci dà la possibilità di misurare la capacità di accogliere, quello che un'associazione laica come la nostra deve riuscire a fare, nel rispetto di tutte le convinzioni politiche, religiose, delle appartenenze sociali e delle provenienze etniche. Ci dimostra quanto sia importante, in questo luogo, in questa sede, occuparsi della persona e del suo progetto di vita, terrena, appunto. Quello che di bello e profondo ognuno di noi porta dentro, ciò che muove ogni giorno i nostri passi, sia essa fede o altro, trasparirà comunque, magari con lo stesso pudore della mamma di Laura.


Continua...


Associazione Trisomia 21 Onlus
Chi lo legge questo libro? Persone e sindrome di Down
a cura di Emiliano Gucci
Mauro Pagliai Editore


4 commenti:

  1. Come per qualsiasi cosa, sono i punti di riferimento ciò di cui si ha più bisogno.
    Creano problemi quelle scarne informazioni date da incompetenti che possono arrivano dall'ambasciata o consolato a chi risiede all'estero. Per questo riesco a capire quanti ne possano creare quando c'è di mezzo la salute fisica e psichica

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  2. Leggere queste testimonianze mi fa capire quanto siano ancora enormi e radicati i pregiudizi e quanto la patina di buonismo da Paese del cattolicesimo crei ancora più danni che chiamare le cose con il loro nome.
    Lavoro da 13 anni nella salute mentale e con queste "perle" di saggezza mi confronto/scontro tutti i giorni!
    Sentire chiamare le persone"quellilà" fa sempre accapponare la pelle!!
    Brava Laura continua la tua vita libera e cresci serena con i tuoi splendidi genitori!
    ciao loredana

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  3. Ciao Antonella, non ho letto il post e sai perchè, ho letto le tue "postille" che, come sempre mi hanno commossa, un abbraccio forte :-)

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  4. Un bacio alla faina del web, ma anche uno a Liberuccia e tantissimi a Laura e mamma e papà.
    Domani chi ci prepara da mangiare? I cuochi speziali o il grande Nettuno?
    Non mi resta che aspettare, nel frattempo vado a dormire :D

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