giovedì 4 agosto 2011

Me l'hanno ritrovato...sapete dov'era?

 In Giappone. Proprio così, questo post torna qui dal Giappone...
Non chiedetemi come può essere successo, ma una nostra fedele lettrice e scrittrice che abita oltre il mare, dall'altra parte del mondo, l'ha ritrovato! Vero Anna?



Dal punto di vista del medico.

La dottoressa Elisabetta Lapi, prima "persona" e poi genetista dell'ospedale pediatrico Meyer di Firenze, segue il percorso clinico della maggior parte dei nostri ragazzi. Ha ereditato, meritatamente, il patrimonio della Prof.ssa Maria Luisa Gioannucci Uzielli, che si adoperò per fondare nel 1979, Trisomia 21 Firenze.


                                                                  DOWN E NON DOWN!
 
                                                                      di Elisabetta Lapi
 


Quando penso a quante persone, bambini, adolescenti, adulti, femmine e maschi, con Trisomia 21 ho avuto modo d'incontrare, insieme alle loro famiglie, in più di trent'anni di attività professionale, la riflessione è sempre la solita: tutti mi hanno dato molto di più di quanto io abbia provato a fare per loro. Mi hanno insegnato che il lavoro del medico non si ferma alla raccolta dell'anamnesi, ad una visita accurata, alle prescrizioni terapeutiche, ma deve avere come fine ultimo quello di aiutare a raggiungere un obiettivo di equilibrio personale e familiare.
In questo spirito l'associazione Trisomia 21 di Firenze ha fatto molto dalla sua fondazione, di cui ricorre il trentennale. Come ogni uomo è figlio del suo tempo, così anche l'associazione, fatta di uomini e di donne coraggiosi, ha avuto i suoi periodi, conduzioni diverse, supportate da ideologie diverse. Credo che come tutti noi anche la guida dell' associazione sia andata per aggiustamenti continui di rotta, si sia adattata al momento storico, ma sempre e comunque nell'interesse dei propri "ragazzi".
Dal 1959, quando un'équipe di ricercatori, col professor Jerome Lejeune, scoprì che la sindrome di Down descritta quasi cento anni prima da Sir Jhon Langdon Down, era dovuta alla presenza di tre, invece che due, cromosomi 21 definendola come Trisomia 21, da allora dicevo, la medicina ha fatto grandi progeressi. Anche la parola Down è divenuta sempre più conosciuta, è (quasi) riuscita a soppiantare il vecchio termine di mongolismo, si è talmente volgarizzata da essere spesso scritta con la lettera minuscola "down", forse all'inizio anche per un banale fraintendimento linguistico: in fondo nella lingua inglese "down" è un avverbio che significa "giù", "in basso", insomma qualcosa non all'altezza.
La medicina ha individuato le possibili complicanze a carico di vari organi ed apparati, ha dimostrato che il bambino Down si può e si deve operare se nasce con una cardiopatia congenita o con qualsiasi altra malformazione correggibile.
Tutto questo, che oggi può apparire ovvio, è stato il frutto del lungimirante lavoro di molti pediatri che, dagli anni '60 dello scorso secolo, hanno cercato di applicare le nuove conoscenze della genetica nella loro pratica quotidiana. A Firenze è stata indubbiamente la professoressa Maria Luisa Giovannucci Uzielli a fare da battistrada in questo campo, coinvolgendo col suo entusiasmo tanti allievi e, fra questi, anche me.
Il lavoro di tanti genetisti clinici, pediatri, neuropsichiatri infantili ha portato a comprendere come varie strategie (ri)abilitative servano ed altre invece, dai nomi spesso altisonanti, siano inutili o addirittura pericolose, arrivando a sconvelgere i ritmi ed anche i flussi affettivi all'interno della famiglia che è stata maconsigliata nella scelta.
Quando nasce un bambino Down è impossibile prevedere quale sarà il suo livello di sviluppo cognitivo e relazionale all'età di venti anni: non si può fare altro che mirare in alto, adoperarsi affinché il suo potenziale possa esprimersi, valorizzare i suoi talenti, pronti però ad accettare anche i suoi limiti.
Non basta: come le famiglie dell'Associazione sanno bene, bisogna smettere di far finta che certe problematiche, quali quelle legate alla sessualità, non esistano e occorre coinvolgere i medici dell'adulto ed in particolare neurologi e geriatri per imparare ad affrontare i temi della salute nelle età più avanzate.

In questo Luglio 2009, dopo più di nove anni dal completamento del cosiddetto "progetto genoma", possiamo affermare di conoscere la sequenza della lunga elica del DNA umano, ma dobbiamo con umiltà ammettere di sapere ancora molto poco dei meccanismi molecolari all'interno delle singole cellule che hanno un cromosoma 21 sovrannumero. Sono stati individuati quali e quanti geni sono posti sul cromosoma 21, ma come questi interagiscono tra loro e col resto del patrimonio genetico della persona, siamo ancora lontani dal conoscerlo. A meno di fortunate ed imprevedibili scoperte, l'ingegneria genetica, che potrebbe in teoria aiutare a risolvere la condizione alla radice (si può eliminare un cromosoma in più da una cellula?) ha traguardi ancora lontani. Nel frattempo non staremo certo inerti: con pazienza, come sempre, cercheremo di capire di cosa può avere bisogno il singolo bambino, il singolo adulto Down. Pari dignità di cura e pari dignità sociale: ogni medico che abbia persone Down fra i suoi assistiti non può che essere al loro fianco affinché la società li accolga, ciascuno con le sue caratteristiche, e non li cosideri persone "down".
Dott.ssa Elisabetta Lapi
Dirigente Medico di I livello
U.O Genetica Medica
AOU Meyer - Firenze
www.at21.it
Non posso esimermi dall'esprimere un mio personalissimo pensiero, che va oltre la scienza. So benissimo che ciò che sto per scrivere è impopolare, ma soprattutto, vorrei non essere fraintesa. A  proposito di ricerca, senza toglierle niente, e di tentativi di eliminazione di quel cromosoma in più, mi sento di dire che per me, adesso, sarebbe impossibile immaginare un'esistenza  "senza i nostri figli". Nonostante le mille difficoltà, la loro presenza è una ricchezza e un insegnamento quotidiano e sono convinta che abbiano il gravoso onere di essere la naturale garanzia, indispensabile all'universo, per mantenere il giusto equilibrio tra il delirio di onnipotenza umana e  l'innocenza, l'ingenuità assoluta.
Continua...
  
...con un sorriso




e una linguaccia!


Associazione Trisomia 21 Onlus 
Chi lo legge questo libro? Persone e sindrome di Down
a cura di
 Emiliano Gucci
Mauro Pagliai Editore


4 commenti:

  1. Beh sì, più o meno posso essere d'accordo con te, ovviamente mio malgrado...:-P

    Ci sarebbe però anche da considerare se "i nostri figli" sono altrettanto contenti...ma non è un discorso da affrontare ad un passo dalle ferie...

    Mia cara monkey woman, "il delirio di onnipotenza" è un'espressione grandiosa. Complimenti per la scelta!

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  2. Meno male che si era nascosto da me, così siamo riusciti a trovarlo questo post girovaghello.
    Ma con il viaggio si sono ristretti i caratteri?? ;-)
    Devo struzzare gli occhi per leggerlo, e non dite che è colpa della vecchiaia ^-^!
    ;-) ;-)
    E dato che la Liberuccia è uccel di bosco, faccio io una grattatina alla scimmietta ;-)

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  3. Silvia, ti ringrazio per aver condiviso e apprezzato l'espressione che ho utilizzato, però, se ci pensi, è preoccupante essere circondati dal "delirio di onnipotenza" e ti assicuro che è così!

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  4. Sì Anna, si è ristretto il carattere...ma è l'acqua, l'acqua lo fa, meno male che si legge ancora! :)
    Gradita la grattatina, torna anche domani!
    Ah, domani a pranzo: alghe...

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