lunedì 5 dicembre 2011

Chi lo legge questo libro? Storia di un titolo.


Era un pomeriggio di primavera quando, nella vecchia sede di Borgo Pinti, Emiliano Gucci ci disse che il libro era già definito, "quasi" completo. Ci fece capire a chiare note che secondo lui mancava qualcosa. Le storie raccolte, seppur belle e particolari, erano tutte o quasi narrate da genitori. Non che questo togliesse valore all'opera, anzi, ma non rappresentavano la realtà nella sua interezza, perché i genitori, in quanto tali, la vedono e la vivono con quell'Amore che tutto supera. Dal suo punto di vista, scrittore artigiano della parola, come lui stesso si definì, estraneo alla rete di amicizie che ci lagava tra noi, apparentemente ateo...ciò che mancava era "la rabbia".

...Pochi giorni dopo arrivò questo racconto che ha poi dato il titolo al libro.





                                                           CHI LO LEGGE QUESTO LIBRO?
                                                                              di Lorenzo


"Non riuscirai a cambiare così la mentalità delle persone", dissi una volta a mia madre, poco tempo fa.
In un mondo stereotipato, dove figure famose e dalle belle forme sono il modello della società, la gente è colma di pregiudizi: non viene visto male il Down, ma semplicemente l'essere diverso. Oggi sono ancora convinto di questa mia affermazione perché per quanto mi ci sia impegnato (sebbene siano solo pochi anni) continuo a sentire termini come "mongoloide" usati in senso dispregiativo anche da amici, miei coetanei, bambini delle elementari, persone adulte. Ma non è una cosa nuova per te che leggi: per quante migliaia di volte ti sia capitato di sentirlo, sei stato zitto.
La motivazione di questo uso inappropriato è semplicemente l'ignoranza. La maggior parte delle persone non capiscono perché non gli interessa capire, e non si informano perché non gli interessa informarsi. Magari pure noi fratelli o genitori di persone affette da sindrome di Down, se non avessimo avuto la fortuna di avere parenti così, non ci saremmo riguardati sul dare di "mongoloide" alla gente e non sapremmo nulla della sindrome di Down.
In un mondo come il nostro, dove i giovani si credono immortali, le difficoltà non ci sfiorano finché non ci si sbatte contro. Solo allora ci iniziamo a preoccupare. Ci vuole informazione. Ma fare informazione non è dare volantini, perché la maggior parte della gente il tuo volantino lo getterà in terra dieci metri dopo, ma soprattutto non la puoi fare solo per pochi eventi l'anno. Questa non è informazione.
A questo proposito posso raccontare di un fatto che mi è accaduto proprio ques'anno al bar del Mandela Forum, che gestiamo con i ragazzi dell'Associazione vestendo le nostre magliette arancioni. Stavamo rimettendo a posto i punti interni del bar quando mi sono accorto di star calpestando qualcosa di familiare: stavo calpestando la faccia di mia sorella, ma ce ne erano tante già calpestate. A questo punto ho pensato che se per caso mia sorella fosse stata lì e mi avesse chiesto come mai i suoi volantini erano tutti in terra, non avrei saputo risponderle. Ho provato rabbia.
E' inutile dare un volantino con una bibita per fare informazione perché sono convinto che tra quelle quattromila persone a cui abbiamo dato il volantino nessuna se lo è portato a casa e pochissime lo hanno letto. Se l'informazione è questa, non facciamola. Si risparmia carta. Dobbiamo essere noi i primi a fare informazione ma non solo con dei fogli. Se sentiamo qualcuno parlare in modo inappropriato glielo dobbiamo dire, senza aver paura di farci i cavoli  degli altri, perché evidentemente noi in questa materia ne sappiamo di più. Questo è solo un piccolo esempio di ciò che potremmo fare se davvero volessimo cambiare qualcosa. E' inutile fare un sito internet, vendere cioccolate, raccogliere fondi e dare volantini se poi, una volta levata la maglia arancione, ci torniamo a mescolare con gli "ignoranti".
Dato che sono fermamente convinto che la maggior parte delle persone che acquisteranno questo libro saranno già direttamente coinvolte, conclusi il discorso con mia madre dicendole: "Tanto questo libro chi lo legge?"






Associazione Trisomia 21 Onlus
Chi lo legge questo libro? Persone e sindrome di Down
a cura di Emiliano Gucci
Mauro Pagliai Editore


5 commenti:

  1. caro Lorenzo Ti capisco e condivido a pieno la tua conclusione.....

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  2. Caro Lorenzo, il tuo racconto mi ha fatto riflettere... sulla superficialità con la quale tutti noi affrontiamo le situazioni di difficoltà. Se ci siamo dentro, più o meno tutti troviamo in noi preziose risorse e sensibilità inaspettate. Se ne siamo fuori... diffidenza, giudizi rozzi e affrettati, nella migliore delle ipotesi indifferenza. Non solo entrando a contatto con persone con sD, ma in generale tutte le volte che sperimentiamo situazioni di diversità, svantaggio, condizioni che escono dalla "normalità". Io ricordo che da adolescente mi sono sempre rifiutata di andare a fare animazione al Cottolengo con il mio fidanzato (attuale marito), perché non sapevo come comportarmi con le persone ricoverate lì, temevo che mi sarei sentita a disagio. Ora che ho avuto Delia ripenso a quel rifiuto con tristezza... Credo che tu abbia ragione quando scrivi che per cambiare la mentalità delle persone serve cambiare come ci comportiamo noi stessi in mezzo agli altri... Ognuno di noi che ha "avuto la fortuna di avere parenti così", come scrivi, deve testimoniarlo con i propri comportamenti... grato di essere stato vaccinato dalla superficialità e dai pregiudizi.

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  3. Ricordo quando a scuola andava di moda dare "il mongolino d'oro" a chi combinava qualcosa di veramente stupido, oppure il premio "pane e volpe". Certo la volpe non si sarebbe offesa per questo modo un pò bizzarro di esprimere un concetto.A distanza di tempo però, pur non avendo mai voluto ferire nessuno, mi rendo conto che quel modo di apostrofare chi sbagliava, era quantomeno improprio. Sicuramente sbagliato, ma insito in una realtà dell'epoca, che ancora non pensava di affrontare temi così complessi come la disabilità in modo aperto,e che così facendo, sarcasticamente esorcizzava anche il problema.
    Sono d'accordo quando dici che i giovani si sentono immortali e fino a che non sbattono contro il problema, credono che a loro non potrà mai capitare. Ma i giovani crescono, e fortunatamente non restano tutti sulle posizioni iniziali. Il cristianesimo, dice che siamo, tutti fratelli e non che siamo tutti uguali. Se tu ami tua sorella, perchè non dovrei amarla anch'io?
    Mettiamo da parte le nostre certezze basate sulla solidità economica, fisica, o sociale, e sviluppiamo il sentimento della comunità. Scopriamo la gioia che può darci un sorriso ricevuto da chi stai amando.
    Chi lo legge questo libro? Io l'ho letto! Mia moglie l'ha letto, mia figlia anche.
    Non dobbiamo avere paura di vivere.
    Buon vento Lori.

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  4. Io l'ho letto e ce l'ho sempre sul comodino.
    Non ho storie da raccontare, ma mi piace leggere quelle scritte in questo libro

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  5. Lorenzo è un grande uomo ed è fortunata Antonella ad averlo vicino, un abbraccio :-)

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