lunedì 28 aprile 2014

Rubrica letteraria: Nostra Signora del Nilo


Scholastique Mukasonga


Sono stato indirizzato a questo libro dalla Dott.sa Maria Stella Rognoni ricercatrice presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Firenze e docente di un corso tenuto quest’anno presso l’Università dell’Età Libera dal titolo “L’Africa fra nuovi e vecchi interlocutori: politica, economia e società.”
Questo è il terzo lavoro della scrittrice nativa del Ruanda, di etnia TUTSI e fuggita in Francia a causa della situazione disperata creatasi nel suo paese negli scorsi anni.
Quest’anno si ricorda il 20° anniversario del genocidio avvenuto in Ruanda nel 1994 dove approssimativamente vennero trucidate un milione di persone nelle maniere più efferate in un periodo brevissimo. Certo le guerre, ed in particolar modo le guerre civili, causano sempre milioni di vittime (sono fatte apposta) ma in questo caso è il modo in cui queste morti sono state causate, praticamente a mani nude o con armi “di fortuna” a sconvolgermi ancora oggi con il ricordo di quelle notizie lette, viste o ascoltate.
Vorrei scrivere alcune notizie riguardo a quel paese per rappresentare a grandi linee e senza assolutamente alcuna pretesa di chiarezza lo sfondo in cui si svolge la storia rappresentata nel libro e l’atmosfera che lo pervade e che fa da premessa agli avvenimenti del 1994.
Il Ruanda è un piccolo stato posto nell’africa Centrale a cavallo dell’Equatore praticamente privo di risorse naturali e la cui economia è basata, oggi come ieri, sull’agricoltura e l’allevamento del bestiame grazie al clima temperato che lo caratterizza in quanto il territorio si sviluppa ad una altezza medi di c.a 1.700 mt. S.l.m. che lo preserva dalle problematiche malsane del clima equatoriale e permette l’agricoltura, oggi “di piantagione” ieri di sussistenza; è anche il paese “dei Gorilla”.
La sua popolazione originaria è rappresentata dai TWA in origine cacciatori raccoglitori, oggi estrema minoranza della popolazione. Nel primo millennio D.C. si stanziarono in Ruanda popolazioni chiamate HUTU di ceppo Bantu dedicate all’agricoltura, oggi l’etnia maggioritaria, successivamente intorno al XIV secolo probabilmente dalla zona Etiope sopraggiunsero popolazioni Tutsi allevatori di bestiame che sottomisero le altre Etnie e espressero la classe dominante anche se allora come oggi minoritarie da un punto di vista numerico. Questa società andò avanti per svariati secoli convivendo più o meno pacificamente anche grazie ad una sostanziale permeabilità delle classi sociali. Negli ultimi anni del XIX secolo il Ruanda fu colonizzato dalla Germania a cui succedette, dopo la fine della 1 guerra mondiale il protettorato del Belgio (una delle amministrazioni coloniali più infami che l’Africa abbia avuto) che continuò ad affidare l’amministrazione all’etnia Tutsi esasperando le differenze di Etnie. Come se tutto questo non bastasse al momento dell’indipendenza, 1962, il Belgio affidò il governo ad un presidente Hutu con conseguenti scontri interraziali che coinvolsero anche popolazioni e stati confinanti: Congo, Burundi, Tanzania. Questa situazione andò avanti fino al 16 Aprile 1994 quando il presidente Habyarimana (Hutu) fu assassinato in un incidente aereo mentre tornava da colloqui di pace per stabilizzare il paese. Da questo avvenimento si ritorna all’anniversario di cui sopra. Oggi il Ruanda è amministrato da una dittatura che ha sopito i problemi etnici e avviato il paese ad un modesto sviluppo ma è un coperchio su una pentola esplosiva pronta a saltare nuovamente in aria.
Tutto questo per inquadrare il racconto di questo libro, perché in ogni pagina che lo compone, secondo me, si sente e si avverte il suono di questa tragedia.
Dunque è la storia del “Liceo Nostra Signora del Nilo” il migliore e più esclusivo liceo del Burundi riservato alle figlie della nuova dirigenza del paese di etnia Utu: figlie di ministri, ambasciatori, militari d’alto rango, uomini d’affari e cosi via, è la scuola che dovrà formare “La futura élite femminile del paese”
Peccato che per molte di queste alunne il solo desiderio sia quello di fare un buon matrimonio con figli di ambasciatori, militari d’alto rango, ministri, uomini d’affari e così via.
Il nome del liceo deriva proprio dal fatto di essere posto nei pressi delle sorgenti del Nilo vegliate da una statua di una Madonna, nera naturalmente, proprio una vera Ruandese.
Naturalmente in ossequio alle “quote” al liceo vi erano anche ragazze di origine Tutsi certo non molto ben viste dalle altre, ma d’altronde così esigevano le regole e le regole andavano rispettate. Le ragazze più intelligenti soffrivano di questo stato di cose: emblematiche sono queste considerazioni “ E noi, che ne sarà di noi? Un diploma Tutsi non è come un diploma Utu. Non è un vero diploma. Il diploma è la tua carta di identità. Se c’è scritto Tutsi, non troverai mai lavoro, neanche presso i bianchi. E’ la quota”
L’inizio del racconto coincide con la costruzione del Liceo, e si snoda attraverso il resoconto di un anno scolastico. I primi capitoli sono leggeri, quasi divertenti, si sente l’Africa in tutti i suoi sensi, si possono immaginare, gli odori, i colori, vedere le persone, quelle più integrate e quelle ancorate ancora al passato tribale. Si notano le contraddizioni tra il potere, in questo caso il Liceo, e gli abitanti del villaggio vicino.
Come ho accennato prima il Liceo rappresenta il fior fiore della società, ma ogni riga fa vedere che questa società è falsa, che scimmiotta quella bianca di cui raccoglie il peggio, che fa propri gli ideali peggiori di essa e li pone al vertice dei propri desideri. Non cerca una sintesi tra le due culture, quella bianca e quella nera, vuole solo quella bianca ed esaspera i suoi difetti. Nel prosieguo del racconto però questa leggerezza sparisce, a mano a mano che emergono le vere personalità di tanti personaggi, “la fosca lussuria del cappellano” che approfitta della vanità di alcune ragazze, le riveste con i più bei vestiti, donati alla missione, per soddisfare i suoi istinti, ma non si può dire che approfitti della loro innocenza perché esse sono consapevoli ed accondiscendenti. L’ignavia della Madre Superiora che si volta dall’altra parte, per non vedere, che non si oppone al potere, che è sempre dalla parte dei più forti. L’astio che pervade alcune alunne Hutu verso le loro compagne Tutsi, il loro sentirsi protette in quanto parte di una maggioranza dominante, e poter agire indisturbate in ogni situazione anche la più drammatica.
Ecco quindi che l’astio degenera in odio, gli ultimi capitoli sono la preparazione ai tragici avvenimenti che coinvolgeranno il Liceo e che non saranno altro che il prologo su modesta scala del progrom che avverrà nel 1994 in tutto il paese.
Pensavamo che con la fine del Nazismo non avremmo mai più sentito parlare di genocidio, progrom, pulizia etnica eccetera ma non è così e questo libro lo dimostra. 

Raffaele Strada

Noi su Twitter

Nessun commento:

Posta un commento