mercoledì 30 gennaio 2013

...tutto si trasforma.

Oggi per certi versi termina la nostra avventura al Nelson Mandela Forum, o meglio, termina un ciclo che sicuramente proseguirà trasformandosi...

Iniziammo così: il 19 settembre del 2008, in concerto con Gianna Nannini




siamo andati avanti concerto dopo concerto spillando birra



servendo caffè




e panini...anche se con un bancone non tanto a norma...
 



Ma poi abbiamo provveduto!



eccome!





Negli anni, qualcuno si è fermato a fare due chiacchiere con noi...

Fiorello



Giorgio




 Riccardo




e altri hanno preferito l'uscita di "sicurezza"...




Abbiamo collaborato con entusiasmo con le scuole professionali




all'occorrenza abbiamo aggiunto un posto a tavola...




e cucinato per le donne Ndebele (che non siamo noi:)




Non ci ha spaventato quasi nulla




neppure la "carica dei cinquecento"!




Ogni anno gli amici del pattinaggio ci hanno regalato grandi emozioni con la loro spontaneità e professionalità



e catering su catering ci siamo impegnati per crescere e dimostrare al mondo che lavorare è possibile, anche quando il galateo - e non solo - detta certe regole!



Abbiamo servito Birra a "secchi" per Vasco




tutto con tanto impegno e sacrificio, ma sempre sorridendo!




Per adesso vi salutiamo così...










www.at21.it

martedì 22 gennaio 2013

Scuola: Trisomia 21 informa

Due dritte utili a tutti i genitori con figli in età scolare -  a prescindere dai cromosomi!




Il MIUR (Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca), ha emanato la C.M. N. 96/12 sulle iscrizioni alle prime classi delle scuole di ogni ordine e grado per l'anno scolastico 2013/2014.

La novità di quest'anno è costituita dall'obbligo delle iscrizioni esclusivamente on-line che vanno effettuate dalle famiglie tramite il sito www.iscrizioni.istruzione.it

L'iscrizione on-line è esclusa per la scuola dell'infanzia e per i corsi per gli adulti, mentre è facoltativa per le scuole paritarie.

Per le famiglie che non hanno internet, le scuole devono garantire l'immissione della domanda on-line presso le loro sedi, fornendo tutte le informazioni necessarie.

 
 www.at21.it

domenica 13 gennaio 2013

Grazie Elio



Breve è il giorno, effimeri siamo;
breve è lo spazio di luce, ma colmo di riflessi e di richiami all'eterno.
Prendici per mano, Signore Gesù; insegnaci che,
oltre questo mondo visibile, vivono realtà che solo il cuore può intuire.
Facci il dono di credere che nessuna vita muore
 e che si può, come te, anche camminare sanguinando
se questo serve a lasciare una traccia, a segnare una strada.
Insegnaci a fare armonia tra le cose materiali e quelle spirituali,
tra la luce e la tenebra, la gioia e il pianto, la vita e la morte.
(p. Giovanni Vannucci)



Elio, la Stella del mattino si è accesa sul tuo cielo, libero come raggio di luce, tu vivi ora nell'infinito spazio.





Giorno dopo giorno, Signore della vita, sosto davanti a te, faccia a faccia.
Con le mani giunte sotto il tuo grande cielo, Signore delle stelle,
in solitudine e silenzio, sosto davanti a te, faccia a faccia.
In questo tuo mondo variopinto, Signore che conosci il soffrire,
nel dolore e nella disperazione, sosto davanti a te, faccia a faccia.
In questo tuo mondo operoso, nel tumulto del lavoro e della lotta,
tra la folla che si affretta agitata, sosto davanti a te, faccia a faccia.
E quando in questo tuo mondo, il mio lavoro sarà compiuto,
mio Signore e mio Dio, solo e in silenzio,
sosterò davanti a te, per sempre faccia a faccia.
(Rabindranath Tagore)


Elio, grazie per la tua testimonianza, per il coraggio e la speranza. 
E per ricordarti, non esistono migliori parole di quelle che ci hai regalato tu...

Paola, una settimana lunga una vita


Ho assistito a situazioni che raccontate adesso fanno accapponare la pelle.
Sono nato nel 1920, tra un po' avrò novant'anni, e anche se certe cose non le ho vissute da protagonista le ho viste vicino a me, con i miei occhi. E' giusto ricordarle. E' giusto non dimenticare che in un passato piuttosto recente i ragazzi diversi erano segregati. Chiusi nelle stanze, con le finestre stangate, perché non dovevano uscire né si dovevano affacciare fuori. Erano reclusi. Se in una famiglia c'era un ragazzo con dei problemi, e non mi riferisco soltanto a soggetti Down ma a qualsiasi forma di handicap o diversità, lo rinchiudevano in modo che il vicino di casa, l'amico, il parente non lo vedessero. Specie nelle campagne, dove tra l'altro si poteva nasconderlo con meno problemi. Meglio ancora se in giro non si sapeva neanche della sua esistenza. E se qualcuno di questi ragazzi, per caso, riusciva a evadere dalla sua segregazione, diventava lo zimbello di tutti.

Mia figlia Paola è del 1963. In quel periodo forse le cose cominciavano a cambiare, ma con poca fretta. Diciamo che le finestre cominciavano perlomeno ad aprirsi, poco più. E' nata a Firenze, a Villa Donatello, in una notte di maggio. Ero presente al parto e subito, quando la vidi, mi accorsi della situazione. Sul posto non era presente il medico, c'erano soltanto un'ostetrica e un'infermiera, che lì per lì non vollero dirmi niente, né io insistetti troppo per non spaventare mia moglie. Era mezzanotte. La mattina dopo andai subito al Meyer a cercare un dottore che venisse a vedere la bambina, e per fortuna ne incontrai uno che già conoscevo. Gli spiegai la cosa e quando gli dissi che in Villa Donatello non c'era un medico accettò di venire via con me. Cinque minuti dopo eravamo da mia figlia, che tra l'altro era nata con una grave malformazione al cuore, un problema che adesso verrebbe risolto con un intervento ma per cui allora si moriva. Bastava toccarla che diventava subito cianotica, davvero bastava niente. Si intuiva che la situazione era delicatissima e drammatica. Il medico la visitò e ci disse appunto che non c'erano possibilità per intervenire e migliorare la patologia. E ci confermò la sindrome di Down.
Ricordo che mentre scendevamo le scale, mentre lo riaccompagnavo via, mi disse che la bambina non sarebbe vissuta più di una settimana. Questa sua frase in qualche modo mi rincuorò, mi sollevò il peso dell'anima. Veramente.
Menomale, pensai. Menomale morirà presto, poveretta, perlomeno non soffrirà, sia per quanto riguarda il cuore, sia per quanto riguarda il resto. E' atroce pensarlo adesso, ma in quel momento pensai così e mentre venivo verso casa ero combattuto, tra la disperazione e la speranza, perché allora era appunto una speranza quella che Paola morisse.

Me ne pento. Me ne sono pentito tante volte e anche adesso me ne pento, con forza, ma quel giorno fu così. Me ne pento perché invece, per fortuna sua, e mia, e di tutti noi, e adesso lo posso dire, quell'anomalia cardiaca con il tempo si è compensata da sola. Sembra impossibile a dirsi ma è andata così. Adesso Paola ha un cuore perfetto, normale in tutto e per tutto, che funziona benissimo.

Un mese più tardi richiamai lo stesso medico a rivedere al bambina.
"E' sempre viva?" fu la sua reazione.
La visitò di nuovo, era sempre nella stessa situazione, bastava muoverla, bastava un niente che diventava cianotica. Anche quella volta, mentre lo accompagnavo per andare via, disse che forse era stato un po' esagerato a dire che sarebbe vissuta soltanto una settimana. Sei mesi, mi disse, sei mesi non li passa. E devo dire che intanto, in quel tempo che era passato, era già scattato qualcosa in me, e già mi ero attaccato tanto a Paola, già non avrei più avuto la forza di sperare la sua morte. E comunque Paola superò quei sei mesi, e poi passò il primo anno e passarono i primi dieci, e adesso ne ha più di quaranta.

Siamo andati avanti, giorno dopo giorno, ed era proprio il tempo che passava a infonderci coraggio. Noi di certo non l'abbiamo reclusa, anzi, l'abbiamo subito portata fuori fin dai primi giorni. La accompagnavamo in giro, con il passeggino, in Piazza dell Cure, poi al Giardino dell'Orticultura.
Proprio lì è avvenuto un fatto che dà l'idea di quello che ancora era il clima nei confronti dei ragazzi diversi.
Paola era ancora piccolina, aveva pochi anni, e quando vedeva i coetanei giocare era normale che gli andasse incontro, che volesse stare con loro. Ricordo che si incamminò verso una panchina dove giocavano due bambini e vedemmo subito la mamma correre a ripernderli e portarli via. Come se Paola potesse mangiarseli, sciuparli. Una brutta scena da vivere e da raccontare, ma questi erano i fatti, così si comportavano molte persone. E neanche le giudicavo troppo perchè pensavo che semplicemente non conoscessero la situazione, non vivendola in prima persona, e non potessero capire.

Inserimmo Paola nell'unica scuola materna di Firenze dove accettavano i ragazzi handicappati. Li tenevano separati, per esempio durante il pranzo, dove non mangiavano insieme a tutti gli altri bambini ma venivano messi in un'altra stanza, Paola compresa. E fu proprio il direttore che a un certo punto decise che questa divisione non aveva senso e cominciò a farli mangiare tutti assieme perché potessero socializzare, stare insieme, insomma imparare a convivere. Anche per questo cambiamento ricordo una signora che quando andò a riprendere la figlia, e vide che era seduta accanto a un bambino Down la tolse dalla scuola e non ce la rimandò più. Era quello il modo di pensare. A noi queste cose facevano male, è ovvio che anche Paola le percepiva, ma comunque cercavamo sempre di distrarla, di farla vivere serena. 
Tra l'altro Paola fu una dei primi soggetti Down a essere inserita in una normale scuola elementare statale. Sul momento ci fu una vera e propria ribellione da parte degli insegnanti. Nessuno la voleva. Fu inserita in terza elementare. Per fortuna avevamo conosciuto uno psicologo che seguiva certe problematiche, e quando gli riferimmo che a scuola non volevano prendere Paola si arrabbiò molto, disse che "dovevano" prenderla, che era la legge a dirlo, che non dovevano farci problemi. Insomma non so cosa fece, se chiamò o andò di persona, fatto sta che il giorno dopo portammo Paola a scuola e trovammo l'ambiente totalmente cambiato. E fu presa a cuore da un'insegnante, una signora che davvero ci seppe fare, tanto che Paola la ricorda ancora. Non poteva stare troppo vicina a lei, seguirla direttamente, perché aveva venticinque ragazzi e ovviamente non c'erano ancora gli insegnanti di sostegno, però sapeva come consigliarla, come aiutarla a crescere. Per il resto si può dire che Paola ha fatto tutto da sé. Ha anche imparato a difendersi, con il tempo, dalle sciocchezze dei compagni di classe.

Ha poi fatto le scuole medie, e infine frequentò una scuola gestita dalla Provincia, dove insegnavano il restauro dei tessuti. Lì ha imparato a cucire, a riparare i tappeti, a fare dei ricami straordinari.
Con gli altri genitori dei ragazzi Down, in quegli anni, discutevamo e pensavamo che fosse giusto unirsi, fare qualcosa per dare un futuro migliore ai nostri figli.
Nel  1979 facemmo l'assemblea generale per la costituzione dell'Associazione, nella sala universitaria dell'ospedale Meyer. Eravamo assistiti già dalla professoressa Giovannucci, specializzata in malattie genetiche. Fu lei, tra l'altro, a trovare il nome di Trisomia 21. Tra molti di noi non ci conoscevamo neanche, ci vedemmo per la prima volta lì. Costituimmo l'Associazione e facemmo le elezioni per il primo consiglio e il primo presidente. Tofani.

Inizialmente la sede non c'era, era itinerante, ci riunivamo nelle case di uno e dell'altro. Poi il comune ci concesse la prima vera sede, anche se piccola, in via Erbosa, che aveva un particolare: la porta d'ingresso era un cancello, coperto con una sottile lamiera. Nell'inverno che ci abbiamo trascorso, nelle riunioni che tenevamo, più che parlare battevamo i denti, e forte.
La seconda sede fu presso l'istituto del Fuligno, in via Faenza, una sola stanza più confortevole ma ancora troppo piccola. Una cosa molto utile e molto apprezzata dai genitori, istituita in questa sede, fu un servizio medico esercitato gratuitamente.
Poi, un periodo di grande soddisfazione per me è stato tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio dei Novanta, un periodo di contatti con le varie associazioni locali e nazionali e di risultati concreti, come per esempio l'inserimento lavorativo di cinque ragazzi nelle amministrazioni comunali.
Una delle prime ad essere nominate per un possibile inserimento fu Paola. Quando provammo a dirle che si apriva questa possibilità, per lei, di cominciare a lavorare in Comune, ci rispose senza troppi entusiasmi, con una frase che era solita dire:
"Ora ci penso."
Ci pensò presto, e inizialmente la sua decisione non fu affatto positiva, anzi non voleva saperne di cominciare a lavorare. Diceva che per quanto la riguardava lavorava già abbastanza: con i suoi ricami, appunto, e poi in casa dove era già completamente autonoma, faceva tutto da sé. Neanche l'idea di poter avere un piccolo stipendio l'allettava più di tanto. Si decise infine a provare, convinta che se non le fosse piaciuto l'esperienza sarebbe finita nel giro di una mezza giornata.
Una mattina alle otto l'accompagnai al Comune e quando andai a riprenderla, alle due del pomeriggio, aveva già deciso di continuare, e ne era proprio contenta. Trovò subito una signora che le piaceva molto e che la accolse nel miglior modo possibile, e da allora non ha più smesso di lavorare lì, anzi è difficile tenerla a casa anche un solo giorno. Le piace andare a lavorare, ha sempre qualcosa da fare, si sente impegnata. Una volta poi, come Associazione, ci invitarono a un convegno, a Roma, dove uno dei notri ragazzi poteva raccontare in pubblico le sue esperienze. Quando ne parlai, a casa, subito Paola domandò se potesse andare lei. Le spiegai che sì, ci sarebbe potuta andare, ma di certo non a fare scena muta: avrebbe dovuto parlare, al convegno, prepararsi un discorso. Non si fece pregare e anzi buttò giù diverse pagine di appunti.
E insomma andammo a Roma e la vidi per la prima volta in questa veste del tutto diversa, che mi stupì. Si mise lì, seduta, tranquilla, e lesse la sua relazione davanti al pubblico ed ebbe un bel successo, cosa che poi ricapitò più avanti, pochi anni fa, a Firenze. Questo per dire che con il tempo si è fatta anche un po' spregiudicata, disinibita, non teme il confronto con gli altri, neppure con un pubblico più ampio, anzi sa prendere l'iniziativa, sa farsi intendere e rispettare.
La Paola che doveva vivere soltanto una settimana adesso è una ragazza indipendente, volenterosa, intraprendente, circondata da persone che le vogliono bene, con davanti la possibilità di viversi ancora tante soddisfazioni.

Paola


Brano tratto da: 

"Chi lo legge questo libro? Persone e sindrome di Down"
a cura di Emiliano Gucci
www.at21.it


martedì 8 gennaio 2013

La nostra Africa




  
    
Vedeste la strada per arrivare qui! ...e poi non siamo un posto di passaggio, bisogna proprio volerci venire qui... però a me piace molto.

  Ricorderete che un anno fa Vania - la nostra veterana neuropsicomotricista - partì per l'Africa con uno zaino "materialmente" abbastanza vuoto, ma pieno di voglia di aiutare bambini che tutto conoscono tranne la fanciullezza.
Chi in questi mesi ha seguito il blog si è reso conto di quanto sia stato difficile, anche per Vania, imparare a sopravvivere. Non ci si può abituare al dolore e alla sofferenza e, mentre Vania cercava di "inventarsi" uno spazio, tutti quei bimbi con le loro famiglie l'avevano già circondata di tanto amore e riconoscenza.
Adesso Vania è tornata a Firenze per trascorrere queste feste con la propria famiglia, ma ripartirà a fine gennaio. Così, per sentirci più utili - mentre attendiamo di conoscere gli esiti di un progetto presentato e che ci permetterebbe di fondare una piccola AT21 in Togo - vorremmo riuscire a rimpire un pochino di più quel sacco che Vania riporterà in Africa a fine gennaio.
Quindi abbiamo pensato di organizzare una cena sabato 19 gennaio alle ore 19,30 per trascorrere, sì, una piacevole serata, ma soprattutto per ascoltare, salutare e incoraggiare Vania a proseguire il suo cammino continuando a scrivere la sua storia.
Se volete saperne di più oppure prenotare scrivete a: at21@trisomia21firenze.it 

Grazie!


E' difficile, soprattutto soffro ancora tanto la nostalgia, ma le persone di qui sono molto carine nei miei confronti, mi fanno sentire voluta bene... poi la povertà è tanta, più che altro la precarietà... non si è mai certi di niente: può andar via la luce e tornare dopo 10 minuti o dopo 2 giorni; ora c’è acqua, ma potrebbe finire domani; fa caldissimo, ma poi viene un temporale con il vento che spazza via tutto... è tutto un po’ così. Per me, abituata ai miei orari, sempre quelli, a dover essere puntuale, alle mie cose fatte con criterio, per me è una bella lezione di vita... e poi ci sono tante cose che proprio non ce la faccio a capire, tipo perché la gente non vuole farsi curare e l’infermiera deve stare lì a supplicarli... e poi i bambini sempre da soli... ieri mattina al dispensario si è presentata una delle bimbe della scuola, suor Colette le aveva detto di venire a farsi visitare l’orecchio - ha l’otite praticamente da 4 anni - ed è arrivata insieme a 7-8 bimbetti, che il più grande avrà 8 anni e il più piccolo 3 ...il babbo e la mamma sono andati al lavoro nei campi, allora i suoi amici l’hanno accompagnata... perché funziona così...


I bambini sono sempre da soli... i miei bimbi sperduti...


La scuola di Noepé



Qualche giorno fa, dalla sua casa, Vania ci ha scritto...

Carissime,
non mi piace scrivervi una sola mail per arrivare a tutte, ma ancora una volta è il modo migliore e più veloce.. sono tornata da una settimana, ma non ho avuto il coraggio di farmi viva.. avevo pensato di venire, ma non ce l’ho fatta, pensavo di venire ma non avrei retto di vedervi tutti insieme, nei giorni prima di Natale.
Voglio però raggiungervi per farvi gli auguri.. sicuramente verrò dopo le feste, un giorno che siete tutti insieme.. sapete che il babbo di Othmane mi ha telefonato? Ero ancora in Togo quando provava, ma ieri abbiamo parlato.. Othmane mi ha salutato.
Io sto bene, sono ancora un po’ stordita...il cambiamento è troppo tanto, ho anche un po’ di nostalgia, e poi fa troppo freddo, ma ce la farò... fino ad oggi è stato un turbinio di gente... ma io ancora non ce la faccio a raccontare bene, sono contenta di riabbracciare le persone, ma ancora non riesco bene a dire.
Ci sono cose troppo profonde che forse non riuscirò mai a dire, ed altre troppo belle che ho proprio voglia di raccontare...

Ci risentiamo presto allora...tanti auguri di buon Natale ad ognuna di voi, ai vostri cari, ai bimbi, figli, nipoti.. 

E noi siamo qui per ascoltarti e riabbracciarti!

Una storia da inventare

www.at21.it