lunedì 17 febbraio 2014

Rubrica letteraria: Sefarad






Sefarad – Antonio Munoz Molina

Sefarad è il nome che gli ebrei davano alla Spagna al tempo della loro espulsione nel ‘400, divenuto poi sinonimo di luogo inaccessibile, ingrato, quasi inesistente. Ma anche il luogo delle radici, della memoria.
Una serie di racconti raccontati, di viaggi e di persone incontrate durante i viaggi che raccontano racconti.
Lo stesso Molina lo definisce “un romanzo di romanzi”.

Le storie di Levi, Kafka, i viaggi dei treni di notte con il loro carico di anime qualunque, tutto si intreccia nel raccontare le oppressioni che hanno lacerato l’Europa del ‘900, la battaglia quotidiana di chi le ha vissute e le loro conseguenze. L’emarginazione e il disperato bisogno di ancorarsi ad una identità, come quella famiglia che ha conservato per ‘400 anni la chiave di una casa che non c’è neanche più. Il peso di essere malato, di una malattia che non si può dire, e l’impossibilità di valicare quel confine fra sé e chi è sano, un confine lungo tutto il tempo che ti resta, un confine parallelo al tuo cammino verso la morte.
Molina scrive meravigliosamente. Paesaggi urbani e umani descritti con maestria: le città d’Europa e i loro quartieri; storie unite da un filo o apparentemente scollegate: una conchiglia bianca, un libro che gira mezzo continente e vite, milioni di vite sconosciute in attesa di risposte che non arrivano mai o arrivano sempre con il loro carico di paura.
Una narrazione poetica e luminosa, un libro che si infila sotto la pelle.

Recensione curata da Silvia Corazza

“La parte più onerosa della nostra identità  è tenuta in piedi da quello che gli altri sanno o pensano di noi; ci guardano e noi sappiamo che essi sanno, e in silenzio ci costringono ad essere esattamente quello che si aspettano, ad agire in base a determinate abitudini stabilite da azioni compiute in passato, o a sospetti che nemmeno sappiamo di aver risvegliato. Ci guardano e non sappiamo chi stanno osservando, che cosa stanno inventando o decidendo di farci essere.
Per chi ti siede casualmente accanto all’interno di un treno, invece, non sei altro che uno sconosciuto che esiste circoscritto al solo presente. Un uomo e una donna si guardano con un misto di intrigo e desiderio quando si accomodano l’uno accanto all’altro: in quel momento sono nudi del loro ieri e del loro domani, nudi del proprio nome, come Adamo ed Eva la prima volta che si incontrarono nel Paradiso Terrestre”



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