di Marco Steiner
Mi sono accostato a questo romanzo
in quanto nella sua recensione e nel frontespizio di copertina era
presentato come “un esperimento. Quello di continuare in forma di
romanzo un gigantesco personaggio dei fumetti, trasformando in
scrittura le mille suggestioni nel tratto di un grande artista
disegnatore”. Si tratta di Ugo Pratt e del suo Corto Maltese.
Sono diventato ammiratore e lettore di
Pratt molto tardi; solo da pochi anni i suoi personaggi ma ancor più
le sue storie mi hanno preso ed avvolto nella loro atmosfera magica,
fiabesca. Non sono un intenditore di grafica e quindi nei fumetti
apprezzo più le storie che le vignette, ma leggere le strisce di
Pratt è un po’ come vedere un film di avventure e sentirsi
catapultati dentro, parteciparvi.
Quindi
trovare chi pensava di poter, almeno, continuare le storie di
Corto, mi ha intrigato moltissimo. In effetti Steiner non è uno
sprovveduto nè un millantatore, è stato per molti anni vicino a
Pratt, seguendolo ed aiutandolo nelle sue ricerche storiche,
filologiche e addirittura completando nel 1996 un romanzo che Pratt
aveva lasciato incompiuto. Le mie aspettative erano molto alte, anche
per l’argomento scelto, raccontare la giovinezza di Corto, le sue
prime esperienze e le sue prime avventure: infatti siamo nel 1902,
l’anno del crollo del campanile di Venezia.
L’inizio é stato veramente
accattivante, le prime pagine che descrivono la partenza della nave
di contrabbandieri in cui è imbarcato Corto sono avvincenti e
spettacolari. In effetti l’autore è molto bravo a descrivere i
luoghi in cui il romanzo si svolge ed a ricrearne le atmosfere; i
suoni, i colori, gli odori, con aspetti molto vivi e penetranti.
L’avventura si snoda attraverso il
Mediterraneo tra Venezia, Malta e la Sicilia alla ricerca di un
tesoro legato al superamento di una prova in cui saranno coinvolti
tre uomini provenienti da tre isole diverse, Corto (nato a Malta) il
suo compagno ed amico Bertram (dall’isola di Man) e un uomo che
viene dall’Australia raccolto a Venezia in circostanze molto
particolari e drammatiche.
Legato a tutto questo c’è la
statuetta di un corvo di pietra che contiene l’enigma per scovare
il tesoro che Corto e Bertram rubano per sentirsi grandi e per
dimostrare di poter vivere degnamente in quel mondo oscuro e
pericoloso che li tratta ancora come ragazzi, anche se loro si
sentono già uomini e si atteggiamo a tali.
Questo si legherà poi ad una antica
storia siciliana fatta di tradimenti, sangue e vendette che si
perdono nel tempo remoto ma che rimangono attuali finchè non avranno
il loro tragico epilogo.
Ecco, da qui mi sono perso, non sono
più riuscito a comprendere nè seguire gli avvenimenti, stare
dietro ai personaggi nè capirne le loro vicissitudini. Il giovane
Corto sparisce per gran parte del libro e quindi per me è sparita
anche gran parte dell’attrattiva del romanzo. Mi è sembrato di
trovare, nel racconto, un accavallarsi di fatti e di rimandi a
situazioni che mi sfuggivano e che veramente mi hanno lasciato un
senso di confusione e di caos.
Ci sono però anche delle parti ben
riuscite ed estremamente efficaci; le descrizioni delle cene con
l’accurata esposizione dei cibi e della loro preparazione, (
fondamentale nei ringraziamenti dell’autore il contributo dello
Chef di un ristorante di Ragusa) essenzialmente durante il soggiorno
siciliano, e la facilità con cui Steiner riesce a riproporre le
atmosfere dei luoghi in cui il libro si snoda
Però la giovinezza di Corto è
rimasta nella mente di Pratt e l’esperimento, molto difficile da
attuarsi lo devo ammettere, non è riuscito.
Raffaele Strada