sabato 31 maggio 2014

Rubrica letteraria: Il corvo di pietra


di Marco Steiner
Mi sono accostato a questo romanzo in quanto nella sua recensione e nel frontespizio di copertina era presentato come “un esperimento. Quello di continuare in forma di romanzo un gigantesco personaggio dei fumetti, trasformando in scrittura le mille suggestioni nel tratto di un grande artista disegnatore”. Si tratta di Ugo Pratt e del suo Corto Maltese.
Sono diventato ammiratore e lettore di Pratt molto tardi; solo da pochi anni i suoi personaggi ma ancor più le sue storie mi hanno preso ed avvolto nella loro atmosfera magica, fiabesca. Non sono un intenditore di grafica e quindi nei fumetti apprezzo più le storie che le vignette, ma leggere le strisce di Pratt è un po’ come vedere un film di avventure e sentirsi catapultati dentro, parteciparvi.
Quindi trovare chi pensava di poter, almeno, continuare le storie di Corto, mi ha intrigato moltissimo. In effetti Steiner non è uno sprovveduto nè un millantatore, è stato per molti anni vicino a Pratt, seguendolo ed aiutandolo nelle sue ricerche storiche, filologiche e addirittura completando nel 1996 un romanzo che Pratt aveva lasciato incompiuto. Le mie aspettative erano molto alte, anche per l’argomento scelto, raccontare la giovinezza di Corto, le sue prime esperienze e le sue prime avventure: infatti siamo nel 1902, l’anno del crollo del campanile di Venezia.
L’inizio é stato veramente accattivante, le prime pagine che descrivono la partenza della nave di contrabbandieri in cui è imbarcato Corto sono avvincenti e spettacolari. In effetti l’autore è molto bravo a descrivere i luoghi in cui il romanzo si svolge ed a ricrearne le atmosfere; i suoni, i colori, gli odori, con aspetti molto vivi e penetranti.
L’avventura si snoda attraverso il Mediterraneo tra Venezia, Malta e la Sicilia alla ricerca di un tesoro legato al superamento di una prova in cui saranno coinvolti tre uomini provenienti da tre isole diverse, Corto (nato a Malta) il suo compagno ed amico Bertram (dall’isola di Man) e un uomo che viene dall’Australia raccolto a Venezia in circostanze molto particolari e drammatiche.
Legato a tutto questo c’è la statuetta di un corvo di pietra che contiene l’enigma per scovare il tesoro che Corto e Bertram rubano per sentirsi grandi e per dimostrare di poter vivere degnamente in quel mondo oscuro e pericoloso che li tratta ancora come ragazzi, anche se loro si sentono già uomini e si atteggiamo a tali.
Questo si legherà poi ad una antica storia siciliana fatta di tradimenti, sangue e vendette che si perdono nel tempo remoto ma che rimangono attuali finchè non avranno il loro tragico epilogo.
Ecco, da qui mi sono perso, non sono più riuscito a comprendere nè seguire gli avvenimenti, stare dietro ai personaggi nè capirne le loro vicissitudini. Il giovane Corto sparisce per gran parte del libro e quindi per me è sparita anche gran parte dell’attrattiva del romanzo. Mi è sembrato di trovare, nel racconto, un accavallarsi di fatti e di rimandi a situazioni che mi sfuggivano e che veramente mi hanno lasciato un senso di confusione e di caos.
Ci sono però anche delle parti ben riuscite ed estremamente efficaci; le descrizioni delle cene con l’accurata esposizione dei cibi e della loro preparazione, ( fondamentale nei ringraziamenti dell’autore il contributo dello Chef di un ristorante di Ragusa) essenzialmente durante il soggiorno siciliano, e la facilità con cui Steiner riesce a riproporre le atmosfere dei luoghi in cui il libro si snoda
Però la giovinezza di Corto è rimasta nella mente di Pratt e l’esperimento, molto difficile da attuarsi lo devo ammettere, non è riuscito. 
Raffaele Strada

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