Stefano Benni
Dato che ormai siamo vicinissimi
alle vacanze, vorrei scrivere di un libro adatto alla lettura estiva.
Il nome dell’autore è già di per
sé una garanzia. Ho conosciuto Benni con la sua opera prima, Bar
Sport, a cui quasi tutti quelli della mia generazione devono molto,
comprese locuzioni e rimandi che sono entrati nel linguaggio comune e
che ancora oggi (dopo ben 38 anni!!) ci portiamo dietro. Chi, tra
noi che abbiamo felicemente sorpassato i secondi “anta”, non
conosce la Luisona? Benni scrive con un’ironia a volte poetica a
volte cinica, ma sempre lucidissima. Crea mondi di personaggi magici
e surreali, uomini e animali, ma quando chiudi uno dei suoi libri ti
sembra di aver letto la storia di qualcuno che conosci o potrai
incontrare. E si ride, sempre.
Si tratta di un libro breve. E’ una
raccolta di 25 racconti (alcuni di una pagina sola) che si leggono
bene, quando non benissimo. Il filo conduttore è, appunto, la
solitudine anche se non so quanto sia stato un caso e quanto una
scelta. In questo testo si incontra un Benni diverso dal solito,
alcune delle storie fanno male al cuore e ogni lettore può trovarne
una che parli direttamente a lui. O con lui. Ma non si piange, si
riflette. I protagonisti sono una sorta di enciclopedia dell’umanità
che va ben oltre l’ordine alfabetico: c’è un cane che torna
sempre indietro, un ladro che più ladro non è, un frate che non
parla più, una strega al giorno d’oggi, due pescatori molto simili
e molto diversi, un manager affermato e gli altri scopriteli da soli.
Si sente nostalgia e rimpianto per qualcosa di perduto, qualcosa che
non tornerà e comunque se tornasse non sapremo che farcene. Ma in
ogni storia, oltre ad uno sguardo malinconico e senza pietà su
quello che ci sta davanti e intorno, c’è anche la capacità di
tirarne fuori la comicità, per quanto amara possa essere.
E si ride, nonostante tutto.
Alla fine si ha l’impressione di aver
dato uno sguardo sul mondo, come se avessimo avuto la possibilità di
sbirciare da una finestra affacciata sul genere umano. Questo libro
ha provocato una frattura fra i seguaci dell’autore: chi si aspetta
di trovarci il Benni scoppiettante e irriverente di Il Bar sotto il
mare rimarrà deluso. Chi invece cerca una lettura intelligente,
poetica e che a volte faccia morire dal ridere lo apprezzerà molto.
E alla fine, è vero quel che dice il filosofo greco citato in
apertura del libro: tra gli dei che gli uomini inventarono, il più
generoso è quello che unendo molte solitudini ne fa un giorno di
allegria.
Buona lettura!
“Allora Leonnino decise di
uccidersi.
Come primo tentativo si buttò giù
dal letto, ma si slogò solo un gomito.
Poi con la sedia a rotelle investì
il carrello dei pasti, ma riportò solo una lieve ustione da purè.
Una notte cercò di soffocarsi con
il cuscino, lo trovarono al mattino livido e ansante, ma vivo.
Infine si mise sotto le coperte e
scoreggiò trecentottantasei volte. Quando l’infermiere sollevò le
lenzuola svenne, e con lui il trenta per cento del personale
paramedico e gran parte dei topi nei sotterranei dell’ospedale. Ma
il nonnoriportò solo una lieve intossicazione da gas scatolico e si
riprese in fretta.
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