lunedì 30 giugno 2014

Il nostro ventunesimo "motivo"...

Capita a volte nella vita, che certe coincidenze, certi incontri "casuali" con determinate persone, determinino cambiamenti o comunque esperienze magiche e particolari...

Questo è il risultato di quanto è accaduto incontrando...


Leo Giusti






Bravo!

giovedì 12 giugno 2014

Rubrica letteraria: "Cose preziose"

  
 
King scrive più libri di quanti riuscirò mai a leggerne, anche se non tutti purtroppo allo stesso livello. Questo, sinceramente, è una chicca.

Non lasciatevi ingannare dalla nomea dell’autore: non è un testo inneggiante alla violenza o alla truculenza, non c’è sangue che scorre a fiumi, nessuno brandisce coltelli o possiede ferali zanne. Bensì è un sorprendente viaggio dentro l’animo umano.

Siamo a Castle Rock, ridente, tranquilla, amena cittadina della provincia americana. Arriva Gaunt Leland, apparentemente anziano signore dai tratti contrastanti e apre un negozio di “Cose preziose”. Piccoli introvabili oggetti, delizie da collezionisti. In breve il negozio diventa il centro di gravità del luogo, frequentato da tutti, anche per l’ineffabile capacità di Leland di indovinare ciò che le persone neppure sapevano di desiderare. O di desiderare così tanto. In cambio chiede esigue somme di denaro o, se non si può pagare, dei favori: innocenti e innocui “scherzi” da fare agli altri abitanti. Però, con il crescendo della bramosia, gli scherzi appaiono meno innocenti e hanno conseguenze che producono nella cittadina una nuova malefica atmosfera, come in un campo di grano dopo la semina della zizzania. E le persone, per avere ciò che vogliono, si vendono l’impensabile, fino all’anima…

Al nuovo arrivato si contrappone lo sceriffo, un personaggio rude e dai modi spicci, per niente affascinante, ma portatore sano della capacità di capire quali davvero siano “le cose preziose”.



Diversamente da altri romanzi di King, l’azione è lenta e a volte ripetitiva, proprio per darci modo di conoscere i personaggi, molto delineati caratterialmente e psicologicamente, e di muoverci con loro dentro la quotidianità di Castle Rock.

Pur essendo stato scritto più di 20 anni fa è di un’attualità assoluta: dipinge una società dedita al possedere, dove ciò che conta è solo l’avere. A qualsiasi costo.

E’ fin troppo facile individuare in Gaunt Leland il diavolo tentatore, ma sarebbe riduttivo per un personaggio dipinto in maniera eccellente fino nei dettagli. D’altronde è opinione di King che il Male (con la lettera maiuscola) sia reale, non una pulsione, e che spesso si materializzi.



Non fatevi scoraggiare dalla ponderosità del libro (sono più o meno 600 pagine, dipende dall’edizione), perché il testo si fa leggere senza fatica, la scrittura di King è semplice e raffigurativa. I personaggi interagiscono molto fra loro, come in tutte le cittadine del mondo, le vicende si intersecano e questo rende obbligatoriamente il libro lungo.

Certo non vi racconto come va a finire. Anche se devo confessare che, dopo aver letto l’ultima riga, mi sono chiesta: e tu, cosa saresti disposta a fare per esaudire il tuo più grande desiderio?

Da lettrice/testimone è semplice stare dalla parte del BENE (con tutte le lettere maiuscole), non costa fatica né sacrificio e basta ricordare che “il diavolo propone, ma l’uomo dispone”. Siamo sempre noi a scegliere. Ma quanto davvero sono forti i nostri sentimenti più profondi (amore, giustizia, lealtà, fede) se basta uno sgarbo, un’allusione, un malinteso per chiuderci il cuore? Se domani arrivasse Leland Gaunt, quanti clienti troverebbe?

A cura di Silvia Corazza

“L’inaugurazione era andata molto, molto bene.

Il signor Gaunt si considerava come un elettricista dell’anima umana. In una cittadina come Castle Rock le scatole dei fusibili erano tutte allineate e facilmente accessibili. Non c’era che da aprirle…e fare dei collegamenti.”

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lunedì 9 giugno 2014

L'importanza di una comunicazione corretta







Ecco la nostra "precisazione" all'articolo pubblicato ieri sul Quotidiano "La Nazione"



Abbiamo preso visione dell'articolo pubblicato in data 8 giugno 2014 sul quotidiano La Nazione in merito al lavoro di ricerca del Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell'università di Bologna, guidato dalla prof.ssa Renata Bartesaghi rispetto alla possibilità di curare la sindrome di Down con un antidepressivo serotoninergico. Ci preme segnalare come il taglio dell'articolo - vedi titolo "Possiamo guarire quei bambini" -, e l'approccio riduttivo delle spiegazioni fornite, abbiano determinato un'immediata reazione di confusione, false aspettative e illusioni nelle famiglie, nei genitori, nell'opinione pubblica, oltre a un disappunto nei professionisti impegnati quotidianamente in questo settore. Infatti, mentre consideriamo molto positivi gli sforzi e gli studi  operati dalla ricerca genetica, siamo ben lontani dal poter anche solo pensare di individuare dei trattamenti che permettano di "guarire" dalla sindrome di Down e riteniamo di dover ridimensionare quei dati che ancora non hanno ricevuto un riscontro clinico nella popolazione. Crediamo molto più opportuno rivolgere l'attenzione a tutto ciò che su una base scientifica, permetta veramente di promuovere la qualità di vita delle persone con sindrome di Down e ci auguriamo che anche la ricerca possa presto dare il suo contributo.
Associazione Trisomia 21 Onlus Firenze


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